di Rubino Rosaria.
E’ un tipico piatto napoletano, di solito si compra già fatto dai macellai e a casa basta aggiungere solo un po d’acqua in quantità a secondo se si vuole a zuppa o come sugo per condire gli spaghetti e riscaldarlo.
I suoi ingredienti sono la coratella di maiale (polmone, trachea, cuore, milza e fegato) e concentrato di peperoncino e concentrato di pomodoro.
Vi riporto per illustrare meglio questo piatto la descrizione fatta da Mario Stefanile nel suo “Partenope in cucina”

D’inverno sembra incredibile, anche a Napoli fa freddo: e libeccio e tramontana fanno il naso rosso a chi traversa le piazze, così che non resta che andarsene a mangiare il “soffritto” in una bella osteria suburbana, verso i Camaldoli o Secondigliano o Marano o in una calda trattoria al centro. Il soffritto è una specialità napoletana che incute soggezione e, talvolta, fa addirittura paura a chi ad essa s’accosta per la prima volta, magari con divertita irriverenza. Come? In fondo non si tratta che di corata di maiale, polmone, fegato, milza, esofago, trachea e tutto il resto, tagliata a pezzettini e cotta in una salsa di pomodoro ottenuta con conserva scura pigmentata da peperoncini rossi e servita bollentissima in un piatto di terraglia surriscaldato anch’esso per mantenere la fluidità a quel grasso che impingua il sugo. Già non si tratta di questo: ma il “soffritto” così legato, così scuro, così robusto non è soltanto questo se ogni osteria ha il suo “soffritto” se ogni cuoco di restaurant sa che aggiungendovi una foglia di alloro e togliendovi una punta di peperone si trasfigura in un sublime colore che da un odore, se ogni massaia ascrive a suo titolo di nobiltà culinaria la sapiente preparazione del “soffritto”. Certo è pietanza da Ercoli, da buongustai di palato così fine e coraggioso da affrontare la vulcanica potenza vescicatoria di quel pigmento che il grasso e il caldo portano a estremi fastigi, senza batter ciglio, lasciando che la fronte lievemente s’imperli e solo, di quando in quando, correggendo le più cocenti vampe con un buon sorso di “rosso asciutto”.

Quando ero ragazza e mia mamma lo preparava, non sopportavo nemmeno l’odore, poi sarà che con gli anni si cambia, sarà che il profumo di una pietanza ti porti al nostalgico ricordo del passato, delle persone e degli anni che non torneranno più, negli ultimi tempi mi ritrovo a desiderare e ad apprezzare di cibi che detestato, così quando lo preparo per Pietro adesso anch’io lo mangio però solo sugli spaghetti.

Ed eccovi i Fotogrammi

Si taglia la coratella di maiale a pezzetti piccoli

© Rubino Rosaria
in una pentola si mette lo strutto di maiale, su un un chilo e mezzo di coratella 150 gr. di strutto
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si mette sul fuoco e si aggiunge la coratella tagliata a pezzetti, qualche rametto di rosmarino e qualche foglia di alloro
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e si mette a soffriggere su fuoco abbastanza vivace.
Quando si è ben rosolato
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entra in scena l’estratto di peperoncino
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e lo si aggiunge insieme ad una scatoletta di concentrato di pomodoro poco per volta facendolo ben tirare
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a questo punto si aggiunge circa mezzo litro d’acqua e si finiace di cuocere
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a questo punto si può versare nei piatti dove è stato messo in precedenza del pane tostato o raffermo o condirci gli spaghetti
© Rubino Rosaria