LA STORIA SEMISERIA DELLA CUCINA ITALIANA.
Capitolo 2. Vino olio e dintorni
Bere, nell’antichità, era la causa di morte più frequente.
Bell’inizio, direbbe il Berloffone.
Ma non c’è da impressionarsi. I greci, i romani, gli egizi avevano i frigoriferi rotti e non sapevano nulla dei batteri, ma avevano scoperto che bere dei liquidi alcolici o fermentati era meglio che bere acqua, che potabile non era.
L’acqua quindi era pericolosa, talvolta mortale.
Quindi già gli egizi producevano e bevevano vino e birra, in grande quantità e con gradazioni alcoliche molto basse ma sufficienti a produrre una blanda azione disinfettante.
Ma come era quel vino?
Non lo sapremo mai, ma certo del tutto diverso da quella sostanza che oggi ha lo stesso nome. Sassicaia era allora solo un terreno arido e pietroso e nessuno lo collezionava.
Che il vino lo facessero con l’uva era indubbio, ma quell’uva non ci sarà mai più.
Tutti morti, i ceppi di viti che avevano prodotto il vino dei nostri antenati, morti nelle grandi epidemie di peronospera e filossera che colpirono tutta l’Europa nel 800.
Furono tutti sostituiti dai ceppi di “vite americana” che resistevano alla nuova terribile malattia.
Ma il bello veniva dopo la vendemmia. Il mosto veniva tenuto in anfore porose, spesso vicino ai camini oppure al sole e fermentando “inspessiva” fino a divenire quasi uno sciroppo. Durante la fermentazione veniva aromatizzato con prodotti molto vari.
Soprattutto i vari sistemi di aromatizzazione erano tipici di determinate zone e costituivano quasi una DOC ante litteram.
Ma quel vino non poteva essere bevuto nelle condizioni in cui era commercializzato. Veniva annacquato.
Il simposio greco era il luogo più rappresentativo della libagione, previa annacquatura.
Al centro del simposio stava un cratere, grande vaso in cui l’anfitrione versava il “vino” e stabiliva con quanta acqua diluirlo e che profumi aggiungere.
Mi immagino già li il casino, con quelli sdraiati sui lettini intorno che urlavano le dosi, ma loro erano “classici” anche se non lo sapevano.
Poi le bevute erano fatte contemporaneamente nelle coppe riempite dal cratere, ed erano libagioni al Dio, atti rituali.
Lo fa anche il Berloffa che pure è ateo.
Si ha notizia di banchetti in cui gli inviati avevano bevuto, tranquillamente, 6 litri e mezzo di vino. Questo neppure Alessandro lo fa, ma lui (e noi) beviamo vini da 12-14 ° di alcool. La mistura greca o romana era forse di 4 – 5°.
Ma anche in tempi molto più tardi, il volume di vino bevuto era alto; in un monastero nel 1400 si ha notizia di una razione giornaliera di vino di 1,5 litri a frate. La visione della Madonna non era garantita.
Anche molti tipi di frutta erano usati per fare bevande alcoliche previa fermentazione, ma di queste abbiamo minori notizie; è soprattutto una presunzione ovvia, più che una prova certa. Quindi non chiedete le ricettine.
Ecco il secondo elemento che ci unisce, fratelli mediterranei: il vino o comunque le bevande alcoliche. Se non ci fossero state quelle non avremmo avuto progenitori e quindi non saremmo qui a far loro le bucce.
Poi i fratelli arabi smisero di bere gli alcolici, ma questo molto più tardi.
L’olio è il terzo pilastro della dieta mediterranea.
Intanto però gli olivi erano soprattutto per produrre le olive da pasto, vera risorsa alimentare nella dieta normale ed in quella marinaresca, poichè si conservano bene, a lungo ed apportano vitamine essenziali.
Loro, i greci, i romani, i fenici mica lo sapevano, le mangiavano e basta.
Ci facevano anche l’olio, ovviamente, ma doveva essere un olio mica tanto buono. Comunque era il grasso alimentare di gran lunga più usato.
Inutile rimpiangerlo, quell’olio, fatto dal contadino, ma fatto male, con le olive raccolte a terra, come abbiamo continuato a fare fino a trenta anni fa.
Tra gli altri “liquidi “ alimentari occorre ricordare il latte acido, che si presume essere stato una specie di yougurt ma non lo sapremo mai.
Insomma abbiamo una base comune di prodotti commerciali e poi una base comune di prodotti deperibili, non commercializzati ma fortemente utilizzati.
Frutta verdura e poca carne, ma di questo parleremo ancora.