Vi faccio anche un piccolo riassunto del quinto quarto???
La trippa fa parte del famoso quinto quarto, quello cioè che una volta era considerato “lo scarto” dell’animale. L’animale, vaccino ( manzo, vitello) o ovino, viene diviso ora come allora, in quattro parti, due anteriori e due posteriori, queste erano considerate le parti pregiate e vendute “ai ricchi”, a fine macellazione dell’animale rimanevano le interiora, rinominate quinto quarto, che erano, insieme alla moneta, la “paga” degli operai del mattatoio (l’ammazzatora) situato fino a pochi anni fa, nel quartiere di Testaccio. Fu dunque l’esigenza, la fame, a fare di queste parti povere dei gustosi piatti che sono sopravvissuti fino ad oggi e di cui Roma, in particolare, ha saputo mantenere il sapore, il gusto.
Diamo quindi un nome a questo quinto quarto, che si compone, in ordine sparso di trippa, coda, pajata, coratella, cuore, fegato, milza, cervello,lingua, reni, animelle….
Sono davvero tanti “pezzi” ed in verità neppure li mangio tutti, ma nella cucina di casa mia alcuni piatti sono abbastanza frequenti e li mangiavo anche quando ero bambina.
Tra questi, come detto all’inizio, è frequente la trippa.
Non sono una estimatrice di questo o quel pezzo, l’acquisto al supermercato, bella pronta in vaschetta già sbiancata senza averne una conoscenza particolare….ma il mio amico Tosco, lui si che la conosce e così la descriveva: La trippa, quella bianca che tutti siamo abituati a vedere dal macellaio, prima di finire nel banco con quell’aspetto candido subisce, oltre che ad un’approfondita pulizia, un trattamento di lunga bollitura e di sbiancatura, con l’uso anche di soda caustica.
Il suo aspetto naturale (senza sbiancatura, intendo) sarebbe proprio di un colore grigiastro-marroncino non molto invitante, perché è grosso modo il colore dello sporco. Viene quindi portata ad un biancore molto più gradevole alla vista, però al costo della perdita di una parte del suo gusto naturale. Solo in poche parti della nostra penisola la si può trovare “nature” (qui da me bisogna ordinarla, e anche così non è per nulla facile averla), e chi può farlo la preferisca.
Quella bianca, avendo già avuto svariate ore di cottura, la si può mangiare anche così come si acquista ad esempio in insalata. Una ricetta estiva per me gradevolissima e semplicissima è: farla a striscette e mischiarla ad un misto di cuore di sedano, cipollotto, pomodorini spaccati, ravanelli e qualunque altra verdura vi solletichi il gusto (però escluderei l’insalata in foglia), condita con sale pepe olio aceto e consumata magari dopo una mezz’oretta, per fare amalgamare tutti i sapori ed i profumi. In questo caso, ovviamente, l’aceto va aggiunto al momento del consumo per evitare che le verdure vengano “cotte”
Anatomia bovina: i ruminanti, specie a cui appartiene l’animale fornitore della nostra pietanza, posseggono ben quattro stomaci (o stomachi, sono corretti entrambi) di cui tre sono dei prestomaci (rumine, reticolo ed omaso) ed uno lo stomachino (!) vero e proprio che dicesi abomaso.
Dal rumine noi ghiottoni ricaviamo la trippa che va sotto il nome di croce, chiappa o trippa liscia; dal reticolo proviene la la cuffia, detta anche nido d’ape, berretta ed in milanese ciapa.
L’omaso ci dà invece la trippa più magra in assoluto, quella inconfondibile fatta a lamelle che proprio per il suo aspetto viene chiamata qui centopelle, o foiolo, libretto, millerighe ed in tanti altri modi che comunque richiamano sempre quella strana conformazione.
Lo stomaco vero e proprio invece ci regala (dai e dai siamo arrivati, ma non c’ho colpa io se questi hanno quattro stomaci) il famigerato e squisito lampredotto, fuor di Toscana conosciuto anche come riccia, frezza, frangiata. Non è ben chiaro il perché di questo nome, ed io non credo a chi lo fa risalire ad una presunta somiglianza con la lampreda (ma come diavolo è fatta la bocca di una lampreda?). Questo anche dopo sbiancatura mantiene il color nocciola, a differenza dagli altri tre tipi che diventano candidi se opportunamente trattati.
LA TRIPPA ROMANA di casa mia
Organizzatevi con molto pane, quello che più vi piace…….
Acquistate la trippa, io prendo quella in vaschetta, precotta, del super….
Sciacquare la trippa sotto l’acqua corrente e tagliarla a striscioline se necessario.
In una pentola portare l’acqua in ebollizione, mettere giù la trippa e far riprendere il bollore per una decina di minuti, scolare la trippa, cambiare l’acqua e ripetere come prima….intanto in un tegame preparare un trito con tutti gli odori, aglio, cipolla, carota, sedano, peperoncino, prezzemolo e la tipica menta romana, ma se mi capita di non averla… è comunque buona. Nel tegame insieme al trito unire l’olio e la trippa (cotta per due volte e scolata), mettere sul gas e far insaporire. Perderà un poco di acqua, aggiungere del vino e far evaporare, girare perché tende ad attaccarsi, poi unire il pomodoro, come siete soliti usarlo (passata, polpa, pelati ), girare e lasciar cuocere per far insaporire, per circa 20/30′.
A fine cottura spegnere il gas, aggiungere del pecorino, quantità a piacere e girare, chiudere con il coperchio e far insaporire a fuoco spento per 5′, poi servire.
Fate attenzione al sale poiché il pecorino è già molto saporito di suo.
Buon appetito!