di Rossanina

 

Nella frazione di Chiusi della Verna, in provincia di Arezzo, a 760 metri sul livello del mare, c’è un paese in pietra incastonato nei monti del Casentino che si affacciano sulla Romagna. Un luogo incantato, che al visitatore appare quasi fermo nei secoli.
Gente speciale quella di Corezzo (poche decine di persone in inverno, che aumentano con la bella stagione e le vacanze), con il cuore in mano e la chiave sul portone, che ti apre la casa per dividere quello che ha. Gente che ha sofferto per lunghi periodi la partenza della forza lavorativa, quando d’inverno si cibava di quel poco che si poteva trovare in un luogo dove la neve cadeva fitta, isolando le case, e in estate di quel che le donne rimaste a casa riuscivano a coltivare. Formaggio pecorino e verdure.
E patate.
Tante patate.
Patate che nel Casentino dal XIX secolo hanno avuto una grandissima diffusione e che sono riuscite a salvare dalla fame centinaia di famiglie. Varietà come la rossa di Cetica o la patata della Vallesanta, utilizzata per i tortelli alla lastra.
Patate ogni giorno.
Patate per la sopravvivenza.
Sempre le solite patate bollite nel calderotto.
E per soddisfare anche il palato che gradisce la varietà , la fantasia le ha chiuse in uno scrigno di pasta, come nel caso dei tortelli di patate di Stia, bolliti e conditi con olio e pepe, o quelli di Chiusi, fritti.

© Rossanina

Ma se in casa si potevano realizzare piatti più complessi, i tortelli rappresentavano anche un alimento per i pastori durante la transumanza (praticata nella zona di Corezzo fino al recente passato), quando c’era la necessità di ridurre al minimo le attrezzature e le stoviglie.
Una pietra arroventata e un involucro asciutto che si può tenere in mano e che non necessita di condimento esterno diventano allora indispensabili, eredità di un gesto tramandato dalle popolazioni barbariche che, a seguito della caduta dell’Impero Romano, avevano occupato la zona.
La pasta è realizzata ancora oggi lavorando a mano farina di grano tenero, acqua e un po’ di sale: niente uova o si rischia che il tortello venga duro e non si cuocia bene.
Il ripieno è a base di patate bollite (in alternativa cavolo verza, cappuccio, nero o zucca secondo le stagioni e la disponibilità ) condite con uova, burro, pecorino, noce moscata e poco ragù vegetale.
Dopo averla fatta ben riposare, la pasta è stesa rigorosamente con il matterello su una spianatoia in legno, ridotta in una sfoglia (in dialetto “spoglia” con una strana contrapposizione tra il nome e la funzione di rivestire il ripieno) sottile.
Metà della pasta è ricoperta con la farcia e la restante sfoglia viene poi messa a chiudere il tutto, creando una sorta di gigantesco calzone. Facendo rotolare sul bordo un piatto o usando lo spessore di un’assicella di legno si tracciano dei solchi in cui si passa poi con la rotella taglia pasta, realizzando così dei grandi ravioli di 8/10 centimetri di lato.
I tortelli sono poi bucati con una forchetta per evitare che gonfino in cottura.

Una pietra serena arroventata sul fuoco o sul piano della stufa economica e la morbida pasta adagiata sopra si colora in modo irregolare con lievi bolle nocciola, divenendo un involucro lievemente croccante e dai profumi di pasta cotta per un ripieno morbido e gustoso.
Il calore delle patate scalda d’inverno, ma il sapore delizioso rende i tortelli perfetti in ogni stagione. La sapidità della patata di montagna è esaltata dalla freschezza del pomodoro e dal calore della noce moscata. Il pecorino, formaggio tradizionale della zona, conferisce una nota di aromatica rotondità , mentre l’aggiunta delle uova dona una consistenza delicatamente compatta.
Ottimi caldi, sono deliziosi anche tiepidi.
Il tortello alla lastra di Corezzo è una delizia una volta realizzata solo per l’autoconsumo, che può adesso essere assaporata in zona in alcuni locali, acquistata nei piccoli alimentari o, per chi avesse la fortuna di trovarsi da quelle parti, degustata durante la sagra del tortello alla lastra che si tiene nei giorni di Ferragosto.
Quello che un tempo era il cibo del nomadismo e della sopravvivenza ha visto nel tempo trasformato il suo ruolo ed è divenuto cibo conviviale, da assaporare per strada o comodamente seduti, come pasto o semplicemente come spuntino.
Comunque sia, una delizia da non perdere.

Vi ho fatto venire voglia?
Allora sappiate che anche quest’anno ci sarà la sagra dedicata a questa bontà

Qui per vedere il programma.

Per informazioni
Proloco di Corezzo Loc. Corezzo 52010 Biforco
internet: http://www.corezzo.it e-mail: info@corezzo.it