La castanea sativa, importata chissà quando e chissà da chi, ha costituito infatti una pagina di storia importante per gli abitanti di questi borghi montani, assicurando loro risorse alimentari e commerciali, ma anche marcandone indelebilmente la cultura materiale.
La ricetta e le foto che vi metto qui di seguito fanno parte di questo mondo tradizionale, non fittizio ad usum turisti, ma autentico.
CASTAGNE AL LAVECC (laveggio)
I laveggi vanno molto bene per le cotture lente, quindi brasati, stufati, umidi, trippa, minestroni, costine.
Le castagne secche poi sono superlative!
Se si ha una “pigna” (stufa a legna) vengono proprio come quelle di una volta…
Prendi le castagne secche della “graa” o “grèe” (la cascina che funge da essiccatoio per l’essicazione a fumo), il segno di riconoscimento è quel leggero sentore d’affumicato.
Purtroppo è sempre più difficile trovarle, sono diventate rare ormai le persone che si prestano a questo lavoro faticoso.
Raccogliere le castagne nelle selve e metterle al piano superiore della graa tutte belle stese, accendere il fuoco al piano di sotto in modo tale che il fumo passi attraverso le larghe fessure tra le travi ed asciughi le castagne, meglio, i ‘marroni…, famosi sono i marroni di S. Croce e quelli di Villa di Chiavenna.
Agli inizi dell’inverno si passa alla battitura sulla ‘sciuca… (un grosso ceppo d’albero) per rompere la buccia ormai secca, poi si ripuliscono da quasi tutti i residui facendo saltare le castagne nel ‘val… (il cesto aperto da un lato).
Ecco appunto si prendono le castagne secche, si mettono nel lavèec, si coprono con acqua, si aggiunge del grasso (un pezzetto di lardo va benissimo), un po’ di vino rosso, si mette il coperchio e si lasciano pippiare su un angolo della stufa dalla mattina fino alla sera senza toccarle. Volendo farle glassate si può aggiungere un cucchiaio di zucchero sparso sopra ed un pezzetto di burro verso fine cottura.
Sono una meraviglia mangiate con la panna montata oppure in una tazza di latte appena munto, castagne calde e latte freddo.